Tempo di resistenza
Ora è più importante dire di essere qui che di essere in ritardo. Forse ci sono implicazioni al di là dell’analisi ma pensiamo che il sistema dei partiti sia sintomo e causa della degenerazione del tessuto sociale e civile della nostra convivenza.
Ne è sintomo perché l’inaffidabilità di compagini che propongono una guerra per bande da ribalta televisiva è evidente dal ritardo strutturale del non-governo del paese; ne è causa perché la trasformazione della funzione di rappresentanza e direzione politica in mestiere punta alla rendita di posizione e alla carriera sostituendo se stessa alla collettività che la elegge.
Il sistema dei partiti è il problema, non la soluzione. L’autoreferenzialità della classe politica è cristallizzata nelle macchine dei partiti che, da strutture che organizzano il consenso ad un’idea, un principio, un valore, una visione del mondo e dei rapporti umani, si risolvono in aziende, comitati d’affari, lobbies che si contendono spazi di potere costruendo e controllando reti di clientela e privilegio.
Da questa sterile contrapposizione, da questo risiko giocato sulla pelle del paese, ora la società civile tenta di fuoriuscire proponendosi come rappresentanza di sé stessa. Non c’è più una distinzione tra le parti ma una distinzione DALLE parti: non si tratta di delegittimare i partiti, operazione pericolosa e fuorviante, ma di ridimensionarne la portata, ridisegnarne i confini nel naturale spazio della rappresentanza denunciandone la neoplasia. Sì, la neoplasia, il cancro, perché quando il sistema dei partiti si trasforma da mezzo in fine noi siamo di fronte ad un rovesciamento della sovranità sancita dalla Costituzione.
Un paese dominato dalla partitocrazia è un paese occupato, in cui la spaccatura tra istituzioni e società civile diventa l’abisso involutivo di una non-corrispondenza.
Ora la società civile scende in campo, nega il consenso a chi non la rappresenta più, cessa di essere spettatore passivo e si fa attore di sé stessa. È iniziato un percorso che raccoglie un sentimento e un’esigenza diffuse in tutta l’Italia, che noi fondiamo anche a Marino e chiamiamo resistenza secondo l’etimo della parola: RI-ESISTENZA . Una dignità ed una centralità del cittadino elettore che vogliamo fare RI-ESISTERE, esistere di nuovo oltre la palude partitocratica in cui è concesso essere soltanto sudditi o clienti, boss o complici. Ora siamo qui. Non è facile, non sarà facile e ancora non sappiamo se è possibile. Non sappiamo se c’è davvero un altro paese oltre la palude, se c’è davvero il cittadino libero al di là del cliente suddito, se c’è ancora lo stato di diritto con regole uguali per tutti o la decadenza di rapporti sociali feudali e mafiosi. Non lo sappiamo ma vogliamo saperlo. Vogliamo dire NO. Per questo rivendichiamo la prima parte della Costituzione come programma politico.
E vogliamo crederci. La porta è aperta.
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