“Vulcano 2012” a Cava dei Selci

Ottima l’iniziativa del responsabile della protezione civile di Marino.
Per un’associazione che persegue da quattro anni il problema del gas radioattivo Radon, l’iniziativa comunale – dopo la pubblicazione degli indirizzi dei privati che effettuano le misurazioni della concentrazione del Radon – rappresenta una prima risposta positiva tesa ad informare e sollecitare l’attenzione dei residenti di Cava dei Selci.

Come ricorderete, Cava dei Selci, ha ospitato nel 2010 il professor Barberi che tenne una chiara relazione sull’impegno che la Protezione Civile regionale e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia avevano profuso nel misurare al suolo e negli ambienti le concentrazione o le percentuali con le quali si presentavano nella zona i gas vulcanici (Radon, Anidride carbonica e Idrogeno solforato).
Nel descrivere i gas furono espresse le loro caratteristiche di pericolosità per l’uomo e subito fu chiaro che mentre gli effetti negativi del Radon si manifestano per elevate concentrazioni del gas ed esposizione prolungata negli anni; per l’anidride carbonica una presenza nell’aria con una percentuale dell’8% si palesa il rischio di morte; percentuali ancora inferiori, ma con equivalenti effetti letali, valgono per l’idrogeno solforato.

Nel caso qualcuno non ne sia a conoscenza, occorre dire che la Regione Lazio in otto mesi è intervenuta con tre atti per definire sia le aree a rischio per la presenza di anidride carbonica, sia per specificare l’azione di prevenzione a tutela della salute umana nel caso sia possibile edificare.
In particolare se le misurazioni, o meglio il monitoraggio, hanno dato nell’area dove è prevista la costruzione una concentrazione al suolo fino all’1% si può costruire e sono consentiti locali interrati; se è compresa tra l’1 ed il 2% si potrà costruire ma in modo condizionato ed adottando un piano di sicurezza per i lavoratori; per valori al suolo compresi tra 2 e 5%, gli edifici vengono costruiti con su pilotis, (senza seminterrati e piano terra), si adotta il piano di sicurezza e di eventuale evacuazione durante i lavori, oltre alla messa in opera di sensori per misurare continuamente il valore di concentrazione nell’aria, per attivare l’evacuazione dei locali nel caso il valore superi la soglia di pericolo indicata dalla Azienda Sanitaria Locale; infine per valori di concentrazione superiori al 5% l’area stessa è classificata come “non idonea” alla edificazione.

A questo punto però, va chiarito che gli atti regionali sintetizzati riguardano solo quelle aree che le Amministrazioni decidono di rendere edificabili, per evitare ai nuovi residenti di avere brutte sorprese quali per esempio dover abbandonare la casa appena acquistata per una ordinanza sindacale volta a salvaguardare la sua integrità.
Per le zone già edificate, come Cava dei Selci, nulla è dato sapere, è come se per coloro che già ci abitano la tutela non debba essere né prevista né adottata.

Non crediamo che questa sia la lettura; tutt’altro anzi utilizzando i contenuti e le prescrizioni degli atti regionali non è da fare altro che adattarli alla zona. Sulla base di quando relazionato nel convegno di dicembre scorso, le indagini svolte a Cava dei Selci – tra il maggio e giugno 2010 – sono state 1651. Hanno riguardato misurazioni di concentrazione di anidride carbonica ed idrogeno solforato nelle vie Calatafimi, Catullo, Curato, Maciocco, Marsala e Paris (sia al suolo che nei locali abitativi) e hanno messo in evidenza che in 7 abitazioni sono state trovate concentrazioni di CO2 superiori all’8%, che è un valore potenzialmente letale; in 13 abitazioni la CO2 è compresa tra il 3 e l’8%; in 2 abitazioni l’H2S è a livelli pericolosi.Sicuramente questi casi sono stati seguiti da specifiche ordinanze comunali.

Alla luce di ciò perché non valutare per la zona in questione l’adozione di un sistema di monitoraggio che a tutela degli abitanti indichi quando i due gas superano il limite di soglia?

il portavoce dell’Associazione “Gruppo di Ascolto Monsignor Grassi”