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PdCI: il resoconto della serata “uscire dall’euro?”

Nella preparazione dell’evento, organizzato dal Partito Comunista d’Italia in collaborazione con Ars (Associazione Riconquistare la Sovranità); non era in conto di avere a che fare, il giorno precendente l’appuntamento, che il Sindaco di Marino ed altre persone, fossero arrestate (domiciliari). Per questo, l’apertura del confronto tra l’economista filosofo marxista, Vladimiro Giacchè e il presidente di Ars nazionale, professor Stefano D’Andrea, sono stati preceduti da una introduzione, di pochi minuti, proprio sull’emergenza politico-giudiziaria che si è abbattuta sulla Giunta di centrodestra del comune di Marino. Maurizio Aversa, segretario locale dei Comunisti Italiani ha delineato poche cose. Che un tale accadimento proprio perché coinvolge il capo dell’amministrazione quindi la compagine, mette il Prefetto nelle condizioni di dover sciogliere il consiglio comunale. E’ insufficiente quindi il provvedimento, “parziale” adottato da Gabrielli che sospende il sindaco e lascia al lavoro la Giunta del Sindaco. Del resto, la stessa richiesta, pronunciata Più voci dalle opposizioni elette a Palazzo Colonna, ma anche quelle che ne sono fuori come noi ed altri, tutte chiedono di commissariare immediatamente il Comune. Questo perché, e in parte si coniuga con il tema Euro, è la qualità democratica che è divenuta deficitaria che ha determinato la massiccia presenza di reati pubblici. E’ la mancanza della politica che lascia spazi alle decisioni importanti per la comunità prese altrove. Quindi, Aversa ha ricordato che questi sono giorni bui per l’Europa anche perché in Ucraina, il governo golpista, appoggiato dagli Stati Uniti e col complice silenzio e il sostegno della UE, ha deciso di mettere fuori legge le organizzazioni ed i simboli del comunismo. Quindi è intervenuto Gian Marco Onorati, Ars Marino, che ha presentato gli ospiti ricordando che, appunto l’associazione persegue il dichiarato obiettivo di uscire dall’euro e dall’Ue. Per questo, ha sottolineato Onorati, abbiamo voluto contribuire alla riuscita di questo confronto che riteniamo di ottimo livello, vista la partecipazione di Giacchè e di D’Andrea e dell’egida nazionale rappresentata dalla nota finale che verrà da Ugo Moro della segreteria nazionale del PCdI. Naturalmente nell’esposizione di oltre quaranta minuti di Vladimiro Giacchè, si sono sviluppati ragionamenti complessi imperniati sulla possibilità-necessità di svincolare l’Italia, così come altri Paesi, dalla gabbia Euro e dalla Gabbia Ue. Perché se il ruolo che viene interpretato da Ue-Euro non è quello delle democrazie dei popoli ma quello della esigenza/volontà del capitalismo internazionale di risolvere la propria crisi per continuare ad arricchire i ricchi e ad impoverire i poveri, allora diventa chiaro che non è né uno strumento né un modello utile alla stragrande maggioranza dei cittadini europei e del mondo. Qualche punto di rilievo, illustrato da Giacchè, può essere così indicato: 1. provare a guardare i trattati europei dal punto di vista della Costituzione italiana, qui è presente il concetto di “democrazia progressiva”. Una sorta di compromesso nobile tra l’economia di mercato e il riconoscimento del diritto al lavoro con l’obiettivo del pieno impiego. Insomma, il contrario dei trattati di oggi, ad esempio, che “vietano” alle singole nazioni di azzerare la disoccupazione; anzi è punito quel Paese che ha “poca disoccupazione”. Collegato a questo punto Ue-Euro c’è l’altra linea di politica economica a base dell’Unione: cioè che l’Ue persegue la stabilità dei prezzi. Cioè, tecnicamente, socialmente e politicamente, l’obbligo che non consente di variare la politica dei flussi-prezzi (inflazione), ma che interviene tagliando la paga per chi lavora, o il taglio stesso della forza lavoro! Un’altra questione è quella della indipendenza della Banca centrale europea, esempio di come, nei fatti con la guida economica della Germania, i trattati sono stati utilizzati per mantenere, anzi accrescere, i divari tra Paesi/economie forti nei confronti dei Paesi/economie deboli (ovviamente in chiave capitalistica); facendo interpretare i trattati Maastricht, Lisbona ecc. come legge inderogabile. Un falso storico: infatti i trattati, in quanto tali, sono una contrattazione, dove ognuno ha diritto di dare qualcosa per ricevere in cambio un equivalente. Nulla di ciò è accaduto per le economie deboli (Spagna Italia Grecia…). Per questo è un vero “corpo estraneo”, quello immesso nella Costituzione italiana, del pareggio di bilancio (art. 81). Tanto che è giusto interrogarsi sulla compatibilità tra vincoli interni dei Paesi aderenti ai trattati e i vincoli esterni. Deve esserci un equilibrio. Altrimenti, perché dovrebbe prevalere quello esterno e non quell’interno della Costituzione nata dalla Resistenza? Ma ovviamente – ha concluso Vladimiro Giacchè – la questione, ben prima che giuridico-diplomatica, è politica. Ed è la seguente: alla luce di quanto si è visto, è conveniente proseguire sulle modalità di integrazione europea tracciate dagli attuali Trattati, magari confidando in un cambio di passo rappresentato dall’unione politica? Non è meglio cambiare, anziché il passo, la direzione di marcia? Io penso che debba preferirsi questa seconda alternativa. Penso che si debba cambiare direzione, e che questa debba tornare a essere quella indicata dalla nostra Costituzione. È questo il vincolo interno inderogabile che dobbiamo anteporre, o meglio sostituire, al vincolo esterno rappresentato dai Trattati europei e a ciò che esso ha portato con sé: un anacronistico revival dello Stato minimo e del laissez faire, appena riverniciato di “modernità” tecnocratica.”. A seguire il professor Stefano D’Andrea, ha esposto argomentazioni analoghe. C’è un insanabile contrasto tra i Trattati e la Costituzione repubblicana ricorda D’Andrea. I principi fondamentali dell’Unione Europea non sono in grado di far uscire l’Italia dalla crisi economica, bensì spingono verso l’aggravamento e generano un difetto di coesione sociale e territoriale che sta minando l’Unità della Nazione e impoverendo larghi strati della popolazione. L’unione europea ha sottratto allo stato italiano anche il potere di gestire una moneta nazionale, vincolandolo a una moneta comune che non è di nessuno. L’adozione della moneta unica si è rivelata, oltre che un errore politico un grave errore tecnico. Gli architetti politici che si sono occupati della costruzione dell’euro hanno scelto di non tener conto delle preoccupazioni espresse da vari esponenti della scienza economica. Accanto alle direttive e ai vincoli giuridici provenienti dall’Unione Europea, altre forze, di natura “culturale”, parallele e in parte coincidenti con quelle provenienti dall’Unione Europea, sovente riconducibili alla colonizzazione dell’immaginario degli italiani operata dagli Stati Uniti d’America, hanno spinto, nell’ultimo ventennio, la classe dirigente italiana a modificare molteplici settori vitali dell’ordinamento giuridico italiano. Continuando, circa gli obiettivi che il nostro Paese di deve porre a propria difesa, e motivando perché svolge un ruolo attivo l’Ars, il presidente Stefano D’Andrea ha spiegato e concluso: “Tutto è stato riformato o abrogato: il sistema di distribuzione dei poteri normativi e amministrativi tra Stato ed enti locali; il sistema elettorale; settori dell’amministrazione statale affidati ad autorità indipendenti (da chi?), le quali opererebbero per l’affermazione e la tutela di asserite esigenze tecniche; l’Università; la Scuola; il processo penale; la legge fallimentare; il diritto societario; il diritto bancario; il diritto finanziario; le carriere amministrative; la gestione dei servizi pubblici locali; il diritto del lavoro subordinato; gli ordini professionali e le libere professioni; le autorizzazioni all’esercizio del commercio; il diritto industriale; e così via.”. Una serie di domande, seguite da risposte di merito che hanno ribadito le linee esposte da Giacchè e D’Andrea, sono state poste da alcuni, delle decine e decine di persone intervenute – tra cui anche il consigliere Adolfo Tammaro – . Infine, Ugo Moro, della segreteria nazionale del PCdI, ha evidenziato fortemente che è vero che la democrazia sostanziale, che i diritti già intimamente appartenenti ai popoli europei, ed in particolare quello italiano, basati sulle leggi sociali conquistate, su una Costituzione che deve essere attuata e non usurpata; è battaglia di modernità e avanguardia. In retroguardia sono i ripropositori del modello capitalistico che fa macelleria sociale. La qualità democratica, lo dimostra sia la vicenda marinese che il tema generale che stiamo affrontando con Giacchè e D’Andrea, è perseguibile se riusciamo a riconfermare il ruolo della politica come mezzo concreto delle masse, delle democrazie, dei popoli di mettere in campo scelte. Ma le scelte, i contenuti, la politica, non vivono in un cielo astratto. Sono organizzazione e uomini e donne e giovani che si impegnano. Per questo noi stiamo, qui a Marino e in tutta Italia, riproponendo la Ricostruzione del Partito Comunista d’Italia. Perché riproponiamo una forza di fiducia che il popolo italiano, il popolo di sinistra, i lavoratori, già hanno conosciuto e sanno che a questo partito possono affidarsi per contribuire a costruire insieme scelte, lotte, organizzazione. Ugo Moro, infine, così ha concluso il suo intervento: Il gap tra la Ue, l’Euro e gli interessi dei popoli europei, e del popolo italiano, dei lavoratori e dei senza lavoro italiani è proprio qui: occorre che ognuno riprenda nelle proprie mani la volontà di contare; la volontà di esercitare scelte; la generosità e la volontà di costruire una ampia sinistra in cui i Comunisti abbiano un ruolo di riferimento inconfondibile: questo stiamo cercando di fare in ogni parte d’Italia come qui a Marino.

Comunicato a cura PdCI Marino

 

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