1946: ostriche dalla Dalmazia ai Colli – parte terza

Terza ed ultima parte del saggio di Ivano Ciccarelli

[segue] Aveva ragione Hannah Arendt quando diceva: “i macellai nazisti non hanno la grandezza dei demoni: sono dei tecnici, si somigliano e ci somigliano” tant’è: le restanti migliaia di ustascia e loro collaborazionisti rimasero a Roma e redistribuiti per la provincia. E tutto sommato alle cronache non risultano grossi problemi di inserimento, anzi…

…tra questi un prete, tal G. Lovronich (1915-1998) giunse a Marino e si adattò bene. Cosi bene che nel 1952 lo han fatto parroco. Il sottoscritto, assieme ad altre centinaia di coetanei all’epoca e più volte, al Don Giovanni gli ha sentito dire, durante le “ore di religione” che “dovetti lasciare i luoghi d’origine perché perseguitato dall’Esercito di Liberazione jugoslavo”. A differenza di chi non ebbe nulla da temere e restò nelle loro chiese a dir messa, gli altri, ‘i perseguitati’, lo furono per collaborazionismo con l’orrido regime degli ustascia … questo, ad onor del vero, ometteva di dirlo!

Le leggende del circolo locale dei cattolici praticanti hanno rilasciato un’immagine bucolica ‘anche’ per il parroco italo-croato, specie quelle che ne seguirono il decesso e che oggi compaiono per vari contenitori on-line. Benché la Storia narrata a Marino scivoli spesso per frequentazioni subdole, poi quella vera, si sa, ha la coccia tosta!

Avendolo conosciuto personalmente, posso dire che il Lovronich era caparbio, audace e non sdegnava metodi coercitivi piuttosto violenti. Delle sue tendenze totalitarie non ne ha mai fatto mistero. Questo suo sciorinare autoritario gli mise contro, sin dal suo arrivo (a Marino 1953-4), buona parte della cittadinanza esterna alla sfera cattolica per componenti storiche e rilevanti del tessuto sociale marinese, quindi laici, progressisti e anticlericali. Conflitto secolare mai sopito, che pure col nuovo parroco emerse in varie occasioni. Tra queste il rifiuto di centinaia di famiglie nel prestarsi a molte usanze religiose e alquanto diffuso nel centro storico fu quello di aver ripetutamente negato al Lovronich l’ingresso durante la ‘benedizione delle case’ nel periodo pasquale. Gli stessi anziani, al parroco non hanno mai risparmiato, anche vis-a-vis, commenti schiettamente allusivi ai suoi trascorsi reazionari, divenuto proverbiale a Marino il gergale “da e parti sie ancora ce stà chi u va cerchenno!!” cioè: ‘dalle parti sue’ = ex Jugoslavia | ‘ancora c’è’ = il Partigiano | ‘chi lo va cercando!!’ …per collaborazionismo.

Chi vi scrive, era con centinaia di altri coetanei marinesi, quando già dalle Elementari ne abbiam potuto verificare i criteri didattici. L’insegnante dalmata durante “l’ora di religione”, quando alla vivacità di noi monelli non arrivava con la catechesi, sovente provvedeva con calci, schiaffi e cospicue razioni di legnate sui palmi delle mani (mie incluse). Alle Medie e sempre a ridosso degli anniversari del 25 aprile, anche il sottoscritto tra 1971 e ’73, ha ripetutamente ascoltato le sue orazioni contro Resistenza e Partigiani slavi che lo avrebbero ‘perseguitato’ anziché ricercato.

Ma la questione del ‘collaborazionismo’ emerse negli anni 1975-76, quando molti di quei monelli (me compreso) se li ritrovò cresciuti nell’Assemblea di studentesse e studenti dell’Istituto d’Arte a Marino, questi ne chiesero ed ottennero l’allontanamento per ‘incompatibilità con i principi democratici e costituzionali’ dovute alle ripetute affermazioni reazionarie del prete-insegnante. Richiesta seguita all’epoca da una pioggia di ‘esoneri dall’ora di religione’ – uno fu il mio – probabilmente ancora agli atti dell’Archivio storico della scuola d’Arte suddetta dove le polemiche infierirono e, almeno da qui, il Lovronich sparì. Non ‘l’ora di religione’ affidata ad un altro sacerdote, il sig. Don Bruno. Persona lealmente democratica, capace, dal canto suo, di ricondurre in aula qualsiasi studente (riottosi esoneranti compresi) coi quali condusse al meglio il proprio incarico lasciando a tutti un ottimo ricordo di se.

Qualche anno dopo (metà degli ’80) il parroco lo ritroviamo alle prese con problemi prettamente ‘sociali’. Una trentina di famiglie disperate, con al seguito dozzine di bambini ed anziani; sfrattati, senzacasa e più o meno organizzati, occuparono dapprima le navate della Basilica San Barnaba, poi il sottostante Auditorium. E il parroco Lovronich non sollecitò la ‘SS Trinità’ ma la Polizia di Stato (quello italiano). Gli agenti accertarono l’evidente caso di emergenza sociale e in quella occasione non furono unti dal santo spirito che, al contrario, si mostrava irrequieto tra i prelati che giungevano sul fatto; ma dal consiglio di alcuni concittadini solidali del ‘Collettivo operai-studenti di via Posta Vecchia’, anticamera dell’odierno ‘centro sociale ipo’ [c’ero e non per dono dell’ubiquità: a garanzia del lettore scrivo di quel che conosco]. Il gradito suggerimento era semplice, direi banale: rigettato in strada quel centinaio di senzatetto, il problema “d’ordine pubblico” peggiorava. E forse l’Auditorium, giacché titolato a Monsignor Grassi, forse non meritava una così brutale logica utilitaristica che invece prendeva quota almeno come soluzione temporanea, per un luogo, tutto sommato, all’epoca dei fatti inutilizzato e che per blanda vocazione originaria aveva pur sempre quello dell’accoglienza cristiana.

Motivazioni ribadite scrupolosamente dai solidali durante le trattative e convenientemente valutate addirittura dalla DIGOS scomodata da Roma. Sospesa ogni retorica divina, il Lovronich esortava lo sgombero e dimostrò suscettibilità anche al desunto della Questura che faticò non poco a persuadere l’irrequieto parroco per la breve sosta dei bisognosi. Una vicenda che giace nel dimenticatoio marinese, memorizzata da altri, sicuramente fissata nei verbali del locale Commissariato e, non saprei come, suppongo archiviata anche in Parrocchia.

Un caso, quello del parroco marinese, tutto sommato, minimale. Specie se al cospetto di assai più clamorosi ‘ripescamenti’ tra criminali di guerra posti a ruoli di ben altra caratura. Su tutti Kurt Waldheim: prima presidente dell’Austria poi, dal 1961 al ’71 dell’ONU, oggi apprendiamo che da giovane era tenente delle SS quando ai Balcani e in Grecia fucilava i Partigiani. Non che si voglia scagionare o diluire alcuna responsabilità, come possono essere le dubbie performances di un prete collaborazionista pur sempre messo a capo di una comunità … perché, poi … quelle di un cupo presidente lo distaccano per attributi che dal caso ‘localistico’ sbordano per credito ‘planetario’. Più cautamente è plausibile, invece, che ad ‘un parroco locale’ e ad ‘un presidente internazionale’ corrispondono l’inizio e la fine di un ampia scala sequenziale di incarichi più e meno importanti sulla quale, già dal 1946 e via via negli anni a seguire, fu reinserita una lunga lista di criminali della IIa Guerra mondiale e tanti loro collaborazionisti. Questo andava sostenendo già 70anni fa anche Simon Wiesenthal, oggi ribadito da storici e ricercatori.

una sintesi

Dai nazisti e fascisti riabilitati nel 1946 ai catto-esterofili del IIIo millennio.

Il ‘proficuo rinnovamento della storiografia’ deve fare i conti col folclore post-moderno di nuova nostalgia e autori di miti celesti.

Questi frequentano la Storia e qua e la rilasciano equivoche incursioni alla Memoria… compromettono la capacità di comprensione specie tra i giovani se sguarniti culturalmente. Casi più e meno noti di ‘equivoche incursioni’ certamente non mancano e godono pure di certa rappresentanza istituzionale.

E se a qualcuno ‘cade il mento’ per il mausoleo al criminale di Affile (caso sul quale deve pronunciarsi la Magistratura per ‘apologia al fascismo’) o per la media di 80mila pellegrini l’anno di Predappio vuol dire, allora, che c’è speranza per schiarirsi le idee sulle nefandezze che a Marino accadono con imbarazzante silenzio. Dove una Giunta e un Sindaco noti per essere assai nostalgici e munifici ai capricci di qualche balilla del IIIo millennio, in prestigiosa compagnia del Vescovo di Albano, hanno consacrato al solito loro eccesso di potere finanche il discusso prete dalle dubbie performances locali e collaborazionista in casa propria coi cavatori d’occhi. Tant’è: presso la centralissima Piazza San Barnaba nel 2008 posero una lapide pubblica al Lovronich.

L’ennesima “a nome dei marinesi”, poi nei fatti – come ‘illo tempore’ medievale – anelata da una manciata di vip e prelati che dai pergami loro foggiano gli evi imbrattando la toponomastica locale.

Affile, Predappio, Marino ecc ecc ecc., incursioni alla Memoria… per vittime “uccise due volte” …tre, quattro ma pure cinque!!

Ai più evaporato dalla memoria, desueto per i politici, argomento scomparso da campagne elettorali e programmatiche; tuttavia l’Antifascismo rimane incardinato nella Costituzione sulla quale almeno gli ‘eletti’ ancor oggi sono pur sempre obbligati a giurare … e ‘mo v’accapì ‘sti giuramenti!!

– Ivano Ciccarelli, Marino (Rm) marzo/aprile 2016 –

riferimenti e note
per “1946: ostriche dalla Dalmazia ai Colli” ho attinto a piene mani da:
– Guido Caldiron I SEGRETI DEL QUARTO REICH
– la fuga dei criminali nazisti e la rete internazionale che li ha protetti Newton Compton 2016;
– Victor Sebestyen 1946 LA GUERRA IN TEMPO DI PACE Rizzoli 2016
– Santo Peli STORIE DI GAP Einaudi 2014 (anche STORIA DELLA RESISTENZA IN ITALIA 2006);
– Mimmo Franzinelli L’AMNISTIA TOGLIATTI Mondadori 2006 (anche LE STRAGI NASCOSTE 2002).

Al lettore interessato segnalo altri approfondimenti, tra le pubblicazioni più recenti : K. Lowe IL CONTINENTE SELVAGGIO Laterza 2013; P.P. Portinato I CONTI COL PASSATO Feltrinelli 2011; D. Conti CRIMINALI DI GUERRA ITALIANI Odradek 2011; P. Adriano e G. Cingolani LA VIA DEI CONVENTI Mursia 2011; G. Steinbacher LA VIA SEGRETA DEI NAZISTI Rizzoli 2010; H. Eberle e M. UHL IL DOSSIER HITLER UTET 2005; J. Cornwell IL PAPA DI HITLER Garzanti 2000, ecc ecc ecc.

quel che riguarda le vicende ‘marinesi’, l’autore Ivano Ciccarelli – ovviamente – è unico e diretto responsabile di tutto quanto, ed esattamente come, riportato in “1946: ostriche dalla Dalmazia ai Colli”.

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