di Anna Maria Pace –
A proposito di scuola … Immaginiamo Frattocchie negli Anni Venti del secolo scorso.
Chi ci abitava? Quali costruzioni la componevano?
Proviamo a immaginare la Via Appia dell’epoca e la vecchia Via Nettunense. All’interno di questa forbice di territorio vennero costruite le prime abitazioni. Proprio sulla via Appia c’era la piccola chiesa. E la scuola. E l’Ufficio Postale. Di fronte a tutto questo i frati Trappisti con il loro convento e la loro attività, con le cioccolate, le famose cioccolate.
Quando la signora Francesca Adami nata Aiello arrivò a Frattocchie insieme a suo marito e sua figlia, aveva con sé soltanto pochi effetti personali. E forse il Diploma di maestra elementare.
I primi tempi le lezioni si svolgevano nella vecchia chiesetta di campagna. La famigliola viveva in una casa che era poco più di una capanna poco distante da lì, in Via Palaverta. I figli dei contadini del posto frequentavano le classi miste create dalla maestra. E magari in un unico ambiente si potevano trovare tutte le classi elementari, condotte dalla signora Francesca.
Passando il tempo lei e suo marito ebbero modo di racimolare del denaro per acquistare il terreno adiacente alla vecchia chiesa. Edificarono loro la prima scuola e di sopra il loro appartamento. Successivamente, alzando altre mura accanto alla scuola, costruirono un altro ambiente in cui sorse l’ufficio postale.
Nel 1930 Latina e la sua famiglia si trasferirono in un piccolo appezzamento di campagna, nella zona di Costa Rotonda. Lei e la sorella più grande avevano frequentato le prime classi presso la scuola elementare di Marino centro che si trovava nella parte alta del paese proprio all’inizio di Corso Vittoria Colonna, all’interno di Palazzo Matteotti.
Il primo giorno di scuola le due bambine furono accompagnate dalla loro mamma. Quando la Maestra Francesca udì il loro cognome ebbe un guizzo: possibile che si trattasse proprio delle nipoti di quel simpatico signore che le aveva venduto la terra per costruire la sua scuola? Ebbene sì. Il primo impatto fu quindi benevolo, godevano al momento di una marcia in più.
A Latina piaceva andare a scuola, a sua sorella molto meno. Tant’è che quando nacque il loro fratellino e dovettero smettere di andarci per un po’, Latina fece di tutto per tornare a studiare, sua sorella invece smise per sempre.
Le difficoltà economiche erano tante, soldi per acquistare i libri non ce n’erano. Così passarono in fretta alcuni anni. Ma un giorno, spinta dalle richieste accorate di sua figlia, la mamma di Latina ebbe l’idea di acquistare dei libri usati. Il ragazzo a cui li chiesero li cedette a malincuore; ma non glieli fece pagare. Così Latina tornò alla scuola di Frattocchie tanto felice che quasi volava percorrendo la strada sterrata che divideva la sua casa dal suo sogno.
Era oramai il 1937, lei aveva quattordici anni e la maestra molti di più. Tant’è che la vecchia signora cadde dalle scale e per un periodo non poté lavorare. Il supplente che la sostituì in quel periodo aveva diciannove anni. Insegnava sotto il controllo della signora Francesca, sempre vigile e all’erta che tutto andasse secondo il suo metodo. Il ragazzo, però, non possedeva un orologio. Così ebbe un’idea: se ne fece prestare uno da un suo alunno che lo aveva ricevuto in regalo per la Prima Comunione. Sul terrazzo nel quale si affacciava la classe, c’era un tavolino rotondo in pietra. Aveva al centro un bastone che forse d’estate serviva per tenere un ombrello. Il giovane maestro, sfruttando questi oggetti, l’orologio di riferimento e la luce del sole, si costruì il suo orologio solare che gli serviva per scadenzare l’orario senza doverlo chiedere all’anziana signora.
Alla fine dell’Anno Scolastico 1936 – 1937 (Anno XV dell’era fascista) Latina conquistò il suo agognato ‘Diploma del grado superiore’.
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