Uno spettro si aggira tra di noi. Uno spettro pallido e stanco, la democrazia. Quotidianamente cantata come culmine storico dell’evoluzione sociale e politica, rivendicata da tutti come la propria ragion d’essere paladini, riformatori e quant’altro, è il fiore all’occhiello delle civiltà “avanzate” ma di fatto c’è qualcosa, nell’aria, che non va.
Una caduta verticale di fiducia e credibilità del sistema dei partiti, giustificata dagli eventi, è diffusa nel paese. Il rischio, stavolta, è grande. Potrebbe verificarsi una caduta del patto di convivenza civile se la politica non sapesse rispondere all’urgenza della crisi.
Oggi la democrazia è rappresentanza, un rapporto diretto tra politica e cittadini elettori fondato su informazione e partecipazione. Bene, è arrivato il momento di dire che siamo ad un punto di non-ritorno: questo rapporto è decaduto, corrotto dalla degenerazione della politica in senso autoreferenziale.
Il dibattito diventa marketing, l’informazione diventa seduzione mistificante e menzognera, la partecipazione si riduce allo spettacolo di varietà. L’affarismo spicciolo della serie “arraffa e scappa” ha saturato ogni livello della nostra convivenza e il concetto di “interesse pubblico” o “collettivo” non ha più senso. Questa involuzione egoistica, di cui la deriva della politica è la meschina commedia, è la diagnosi di un sistema allo sfascio, dove sciacalli senza dignità sbranano ciò che resta delle risorse e della ricchezza del paese, mentre lo squallore televisivo ruba i sogni e spegne la capacità di pensare e progettare un futuro.
Ma se non cambiamo da subito, cosa lasciamo ai nostri figli se non la polvere?
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