di Maria Giovanna Ruffini, pianista, docente di Educazione Musicale e VicePreside dell’IC S. Maria delle Mole –
Le notizie di questi giorni sulla situazione in Afghanistan, e soprattutto sul destino delle donne afghane, mi riportano alla mente la ricerca svolta lo scorso anno con due classi di terza media, a seguito di un incontro con un rifugiato afghano, partecipando ai progetti di intercultura promossi dal Centro Astalli. Volendo appunto approfondire la cultura e la condizione femminile, abbiamo scoperto l’esistenza di Zohra, la prima orchestra femminile afghana, nata nell’istituto nazionale di musica, che da circa un decennio ha permesso anche alle ragazze di imparare a suonare uno strumento, nonostante difficoltà e ostacoli.
Queste ragazze hanno scelto una strada diversa da quella prevista dalla società patriarcale in cui vivono. Il loro repertorio spazia dalle musiche tradizionali afghane ai classici della tradizione occidentale, segno importante che la musica è l’arte del dialogo, del confronto, segno ancora più forte se nasce in un paese che non riconosce alle donne la libertà e la crescita sociale e culturale.
La direttrice dell’orchestra, Negin Khpalwalk, in un’intervista rilasciata al quotidiano Repubblica nel 2017 durante una tournée europea, ha affermato:
“Per la mia gente sono una vergogna. Perché vado a scuola. Perché faccio musica…Tanti vorrebbero richiuderci nelle case, impedirci di fare musica. Io invece voglio dimostrare ogni giorno che le donne afghane possono fare tutto…Se mi ammazzano non mi importa, io non mi fermo. Lo devo alle altre donne”.
Zohra è l’esempio di come la musica e l’educazione alla bellezza possano rappresentare un riscatto culturale, è importante allora continuare a sostenere questi obiettivi, discuterne a scuola con gli studenti e le studentesse, non rimanere indifferenti, diffondere una cultura di pace e di sviluppo dei diritti umani.
Il mio pensiero va, oltre all’orchestra Zohra, alle immagini della street artist afghana Shamsia Hassani inoltrate in questi giorni sui social, dove spesso compaiono tastiere imbracciate o suonate dalle ragazze dei graffiti, ma il loro suono è ora spento. Rimane l’interrogativo quanto gli esempi di Negin e Shamsia riescano a scuotere la coscienza femminile nel proprio paese, e realizzare la rivoluzione culturale che possa restituire dignità e valore alle donne.
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