di Gianna Santini –
In questi periodi di forte crisi economica, con il rincaro energetico e alimentare alle stelle, affrontare le spese per la cerimonia nunziale è sicuramente un’ardua impresa.
Per l’italiano medio rispettare questa tradizione è al limite delle possibilità, se non oltre i propri mezzi.
L’antica espressione “fare le nozze coi fichi secchi” nasce proprio da un matrimonio ma si applica oggi in tutte quelle situazioni ove si abbia la difficoltà di compiere un’azione senza averne i mezzi, ottenendo un risultato sottotono o di ripiego.
Ma perché si usa dire “fare le nozze coi fichi secchi?
Questo modo di dire venne coniato da Edoardo Scarfoglio, giornalista, fondatore e primo direttore del quotidiano “Il Mattino” di Napoli. Il 27 settembre 1896 Scarfoglio uscì con uno dei suoi pezzi più celebri e il titolo era, appunto, “Le nozze coi fichi secchi”.
Oggetto della sua ironia era l’annuncio dell’imminente matrimonio del rampollo di casa Savoia, il piccolo e gracile Vittorio Emanuele (futuro Vittorio Emanuele III), 1,53 m, con l’alta e giunonica principessa Elena di Montenegro, 1,80 m, allo scopo, si malignava, di “irrobustire” il lignaggio dei re d’Italia. Il Montenegro era allora un Paese povero e noto per la produzione di fichi che commerciava essiccati. Da questo trasse spunto Scarfoglio per la sua vibrante ironia in un modo di dire che è entrato, oggi, nel linguaggio comune degli italiani.
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