La pandemia ha creato molti eroi e ha evidenziato gli egoismi che caratterizzano i comportamenti della nostra epoca

di Gianni Morelli –

Gestire una pandemia non è cosa di tutti i giorni. Ed è sempre difficile riuscire ad individuarne i primi segnali ed a valutarne la gravità e la facilità con cui si propagherà. Non è facile accettare l’idea che non siamo di fronte alla solita influenza che caratterizza da sempre le stagioni invernali ed è difficile riuscire ad individuare le origini e le modalità con cui poterla arginare. E, inizialmente, si è portati a sottovalutarne la gravità ed il pericolo che degeneri in un disastro di proporzioni epocali, sia dal punto di vista di perdita di vite umane, sia per il seguente impatto sull’economia mondiale.

A giudizio dei molti esperti e consulenti che si sono espressi sull’argomento, le cose più importanti quando questi eventi catastrofici si presentano sono:

• quella di riuscire ad unire tutte le forze in campo, dalla politica alla scienza, dall’industria alla ricerca, … e cercare di creare un fronte comune che consenta di ridurre al massimo gli effetti eclatanti di una diffusione incontrollata del morbo;

• quella di studiare e predisporre un piano operativo (se possibile in anticipo sugli eventi, come qualsiasi azienda fa implementando il piano di sicurezza frutto di analisi dei rischi e definizione degli interventi di protezione) che, coinvolgendo tutte le risorse e le conoscenze disponibili a livello nazionale ed internazionale, garantisca di poter limitare al minimo i danni che tali fenomeni sicuramente provocheranno.

Quindi una delle condizioni primarie che saltano subito all’occhio come urgenti e necessarie è la cessazione di tutte le conflittualità ideologiche o nazionaliste, tutte le velleità di preminenza di alcuni rispetto ad altri, tutte le diatribe tra Partiti e tra leader politici, tutte le faziosità e le rivalità e tutte le ricerche di autonomia rispetto allo Stato, a favore di un orientamento comune verso un’unità di intenti che conduca ad un’alleanza contro un unico nemico comune.

Nemico che non distingue tra Continente e Continente, tra Nazione e Nazione, tra Nord e Sud, tra neri e bianchi, tra maschi e femmine, tra datori di lavoro e lavoratori. Un nemico implacabile che non risparmia niente e nessuno e che non rispetta le frontiere ed attraversa gli oceani.

Purtroppo, osservando le modalità con cui sono stati condotti gli interventi nel mondo, non sembra che questa prima condizione sia stata rispettata. In molti Stati si è optato per una ipotesi che prevedeva il raggiungimento di una ‘immunità di gregge’ attraverso la contaminazione di una larga percentuale della popolazione. Un’immunità raggiunta a prezzo di centinaia di migliaia di morti. Altri Paesi che hanno reagito in modo molto blando all’inizio, hanno provveduto e rendere sempre più drastiche le misure che hanno ritenuto necessarie per combattere la diffusione dei contagi e le conseguenti morti. Senza contare quelli che hanno voluto identificare un ‘colpevole’ della creazione e della diffusione del virus. Si ha notizia di uno Stato USA che ha deciso di fare causa alla Cina. Ed anche la nostra Lombardia sembra essere orientata in questa direzione.

Quindi, anche considerando le difficoltà che si sono verificate per trovare un accordo sui provvedimenti economici da adottare a livello Europeo, questa calamità ha portato finora più a divisioni che a condivisioni.

In Italia, poi, stiamo assistendo ad una vera e propria secessione da parte di un paio di Regioni che hanno voluto operare in aperta conflittualità con lo Stato e con l’Europa e si sono schierate a favore di una politica chiaramente indirizzata verso la ricerca di consenso politico oltre che verso una posizione di ostentata superiorità rispetto al resto della Nazione, piuttosto che dare la massima precedenza alla salute dei cittadini.

I risultati sono stati disastrosi ed addirittura sono state aperte indagini per valutare l’esistenza di responsabilità penali in funzione della valutazione dei provvedimenti presi.

Inutile sottolineare quanto, in questo momento di sofferenza economica drammatica, sia necessario poter creare modalità di intervento univoche sotto la responsabilità di un’unica cabina di regia in grado di snellire le procedure evitando ulteriori procedimenti e gestioni burocratiche con tempi e costi che gravano sul traballante bilancio dello Stato. E rispettarne le decisioni.

La spiacevole conclusione è che sicuramente non abbiamo visto (o forse non abbiamo percepito?) l’esistenza di ‘piani’ di alcun genere per il coordinamento di azioni a livello mondiale, ma neanche a livello europeo o addirittura nazionale.

Questo ha portato la maggioranza delle Nazioni ad inseguire l’evolversi della pandemia e non ad agire in anticipo rispetto ai suoi possibili sviluppi, con il risultato che tutti i provvedimenti hanno subito notevoli ritardi con un alto costo in termini di vite umane, spese sanitarie e danni economici complessivi per il sistema Paese.

Vorrei aggiungere anche che a volte la grande quantità di notizie fornite, fra cui numeri giornalieri sovrastimati e/o sottostimati, interventi previsti e/o ipotizzati, poi dispersi nel fiume delle successive comunicazioni, crea disorientamento più che certezze, disorientamento che può e spesso è usato in modo strumentale dalle parti politiche per sopraffare la parte avversa.

Occorre, credo, prestare grande attenzione alla sovraesposizione informativa.

Per dirla con Bill Gates, il vero problema non è derivato da errori nella attuazione di interventi di difesa, ma da una generalizzata assenza di Piani di intervento, che non possono prescindere anche dalla scelta oculata e misurata delle informazioni fornite.

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